Le Pietà di Max Ernst e Michelangelo

Ai visitatori di Palazzo Reale viene offerta la possibilità di esplorare l’iconografia della Pietà attraverso l’esposizione dei tre calchi storici dei capolavori di Michelangelo dedicati a questo tema: nella Sala delle Cariatidi, a ingresso libero, fino all’8 di gennaio.

In contemporanea, la retrospettiva dedicata a Max Ernst presenta il dipinto-capolavoro, proveniente dalla Tate di Londra, Pietà o La Rivoluzione la notte (1923). Ernst realizza l’opera non appena trasferitosi a Parigi, nell’inverno 1922/23, dalla sua Germania.

L’occorrenza del termine Pietà, grazie all’opera di Michelangelo, trova origine proprio nel paese natale di Ernst, come illustrato nella mostra milanese del 2018, tenutasi al Castello Sforzesco, intitolata Vesperbild.

Le prime immagini del gruppo isolato con il Cristo morto nel grembo di Maria vanno infatti rintracciate proprio in Germania, al principio del Trecento, e vengono denotate con il termine di Vesperbild, immagine del vespro. Esse rievocano il momento in cui il Venerdì Santo, al tramonto del sole, il corpo di Cristo deposto sulla croce è in attesa di sepoltura. Da qui la proliferazione di questo genere d’immagini sotto forma di sculture lignee, nei paesi nordici.

L’atmosfera dell’opera di Ernst fa pensare al crepuscolo o comunque alla notte. Salvador Dalí, nel 1932, scrisse: “Mi piace immaginare che il punto di partenza delle esperienze surrealiste sia il titolo del quadro di Max Ernst La révolution la nuit”.

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